Il presente ricordato

Quel che fa problema è il semplice fatto che la persona esiste sotto il regime di una vita che si snoda dalla nascita alla morte. In cosa consiste quel che si può definire la concatenazione di una vita? Detto in termini filosofici: è questo il problema dell’identità. Cosa permane identico nel corso di una vita umana?” (P. Ricoeur, La persona).

Ogni vecchio sa che presto morirà. Ma che cosa significa in questo caso saperlo? … In sostanza, l’idea che la morte si avvicini è erronea. La morte non è né vicina né lontana… Non è esatto parlare di un rapporto con la morte: il fatto è che il vecchio, al pari di tutti gli altri uomini, ha un rapporto con la vita e con nient’altro” (Simone De Beauvoir)

In una delle ultime puntate della quarta stagione di This is us (Season 4, Episode 16), Rebecca si ritrova al cospetto di un dipinto del Metropolitan Museum of Art (Met) di New York. Madam X, di John Singer Sargent. Aveva già contemplato quel dipinto da piccola; in realtà, aveva sostato sulla soglia della sala che lo contiene perché avvinta dall’espressione di una signora elegante e bellissima, che trascorse là davanti diverse ore. Rebecca si chiedeva come fosse possibile essere tanto belle e sofisticate e, soprattutto, libere di spendere il proprio tempo nella contemplazione estetica più assoluta. Da adulta, tante volte avrebbe voluto ritornare per sostituirsi a quella donna adulta e padrona di sé per provare a tuffarsi, a sua volta, in quella dimensione di vertigine che il sublime, nelle sue rappresentazioni, desta, al fine di comprendere cosa potesse aver provato la sosfisticata sconosciuta. Nonostante le successive occasioni di visita a New York, per un motivo o per l’altro, non vi riesce, sino a quando, ormai anziana, fugge da un’occasione mondana (una premier del figlio attore) per rifugiarsi in quel luogo senza tempo. E il figlio la ritrova lì. Assorta, nel suo bellissimo vestito di gala, completamente dentro Madam X. Tutta la vita è presente in quella contemplazione: la Rebecca bambina portata lì dai genitori, la Rebecca anelante la contemplazione del quadro ormai madre di tre figli e che – proprio perché tale – rinuncia per dedicarsi a loro, la Rebecca in procinto di entrare al Met ma ormai vedova dell’amato marito… Insomma, non ci era più tornata sino a qualche giorno in seguito alla diagnosi di Alzheimer ricevuta… e tutto cambia: non può più permettersi di dire “la prossima volta!”, ma deve vivere il suo nuovo motto: “carpe diem!”.

Di fronte a quella diafana figura, con le spalle scoperte e il profilo eloquente, ricontempla se stessa, in un eterno presente finalmente ora scandito dal Senso che, improvvisamente, le si palesa. Sta per perdere se stessa, tutti quei ricordi che – grazie all’abile narrazione e regia della serie tv – lo spettatore tiene tra le mani in tutta la relatività del tempo. Lei è lì, in quel momento, e si ha la sensazione di volerle riconsegnare quel presente di cui, in quanto spettatori, si è messi a parte e custodi rispettosi. Sta per perdere la sua identità, fatta di memoria, e molti sono gli interrogativi sollevati da questo destino. Proprio a causa del continuo andare e venire tra passato, presente e futuro, sappiamo già che cosa capiterà a Rebecca. Viene spontaneo immedesimarsi in lei, chiedendosi come verrebbe giudicata la nostra esistenza da uno spettatore esterno che, in poche ore, potesse contemplarne l’intero dipanarsi dall’inizio alla fine. Tocca profondamente osservarla, nel giro di qualche scena, bambina, ragazza, adulta e anziana malata… è la compresenza di tutto quello che un essere umano, nella sua vita, è.

Rebecca è, ancora, se stessa perché padrona del suo “presente ricordato”, espressione pregnante usata dal neuroscienziato Gerald Edelman per designare la coscienza, intesa come percezione di uno stato di continuità rispetto a se stessi pur nel mutamento cui siamo soggetti, anche a livello sinaptico; quindi i ricordi non sono statici, sempre identici a se medesimi, bensì variano ogni volta che vengono richiamati o riemergono, in virtù della stessa vita che conduciamo.Quindi, ora che il cervello di Rebecca sta perdendo questa capacità di reminiscenza, che ne sarà di lei? Della sua unicità e irripetibilità? Noi possiamo custodirla per lei, ma la sua coscienza sta per svanire.

Che ne sarà del ricordo di Madam X?

Per questo penso sia bellissimo intendere il ricordo altrui come possibile forma di immortalità che ci possiamo concedere, per quanto dolga il fatto che il singolo stesso non ci sia più a goderne: nella memoria dell’altro – anche quella biologica perpetuata geneticamente nei figli, ad esempio – noi possiamo continuare a vivere ed essere custoditi.

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