«Il pensiero è il discorso che l’anima fa con se stessa»
Da cosa nasce la Filosofia se non da un dialogo interiore? Se ci facciamo caso, il pensiero si mette in moto nel momento in cui incappa in qualcosa che lo interpella; la vita ci pone di fronte a domande costantemente e così iniziamo a riflettere, a dialogare con noi stessi…
Quando pensiamo, però, al dialogo solitamente presupponiamo la presenza di un interlocutore, un ipotetico “altro” con cui portare avanti lo scambio. Eppure l’Altro, in primis, è quello che è dentro di noi; basti pensare a tutti gli aspetti della nostra identità che emergono durante i sogni, ai momenti di difficoltà in cui non riusciamo a trovare una soluzione, a ciò che ci getta in crisi, a tutto quello che non conosciamo di noi. L’implicito è una forma di alterità interiore. Per cui possiamo dialogare anche con noi stessi, al fine di colmare quel bisogno di chiarificazione personale che ci prepara ad accogliere anche l’altro al di fuori di noi: le altre persone. Siamo fatti di autorelazione e di eterorelazione. Quindi dobbiamo prenderci cura di noi anche sul primo fronte, cercando di dare voce al dialogo interiore.
Ma a cosa serve il dialogo interiore? Nell’ottica del Conosci te stesso! dell’oracolo delfico, possiamo diventare interlocutori di noi stessi, interpellarci per comprendere chi siamo, come reagiamo agli eventi della vita, cosa proviamo, pensiamo, speriamo, etc. Un ottimo strumento per il dialogo interiore è quello della narrazione del sé, tecnica che passa attraverso la pratica autobiografica, di retaggio stoico: diari, quaderni su cui appuntare intuizioni, riflessioni e vissuti, supporti anche digitali su cui magari fissare pensieri, considerazioni, eventi che ci hanno particolarmente colpito, etc. Scrivere ci permette di dialogare con noi stessi, di guardare con la dovuta distanza ciò che, dentro di noi, appare rimescolato, informe, confuso. È una via di accesso alla chiarezza individuale e alla consapevolezza.
La filosofia e la letteratura ci offrono diversi esempi di dialogo interiore esternato su carta, quella stessa carta su cui si riversa l’Altro dentro di noi, che ce lo fa guardare negli occhi, operando un distanziamento tra i nostri vissuti e la nostra riflessione. Basti pensare alle Confessioni di S. Agostino, ai Pensieri di Pascal, alle Meditazioni metafisiche di Cartesio, agli Essays di Montaigne, alla Ricerca del tempo perduto di Proust, etc. Agostino aveva intuito la chiave per pervenire alla Verità (intendendo questa come conoscenza di sé): Noli foras ire! Non uscire fuori da te stesso per reperirla; ovvero, se vuoi tendere al raggiungimento della tua Verità, parti da te medesimo, poiché – conoscendoti – puoi capire da che parte andare. Chi non si conosce, difatti, è in balìa della verità altrui, non sa distinguere cosa voglia veramente, si presta a lasciarsi pilotare dal volere altrui, e tale eteronomia conduce alla perdita di se stessi. Invece il coraggio di sapere – come diceva Kant: Sapere Aude! – ci avvicina a noi stessi. Non dobbiamo avere, dunque, timore di entrare dentro di noi, anzi: il dialogo interiore è un primo strumento per aver cura di sé, approfondendo la conoscenza di ciò che abita nel nostro intimo.
Inoltre, il dialogo interiore, è un modo per coltivare la nostra identità in quanto consente di rammentare, ossia di riportare alla mente: scrivendo e poi rileggendo, torniamo a quel passato di cui siamo fatti, reperendo spesso nuovi significati. I ricordi mutano gli eventi nel momento in cui li si rievoca, e questa capacità di risignificare ciò che siamo stati e che abbiamo vissuto può essere alimentata proprio dal dialogo interiore, che è un modo per conservare e rintracciare nuovi orizzonti di senso.
Se, infine, non siamo inclini alla scrittura, possiamo praticare il dialogo interiore seguendo la lezione delle scuole ellenistiche. Stoici, scettici ed epicurei erano difatti soliti praticare l’autorelazione mediante determinati esercizi spirituali, forme di meditazione che consentivano alla persona del filosofo di fare un bilancio della giornata trascorsa, ad esempio, come la distensio animi, o ancora la lettura, che consente di confrontarsi con il pensiero altrui, di riflettere e assimilare ciò che può essere coerente rispetto al nostro modo di intendere la vita o che ci sprona a rivederlo, etc. Diverse sono, insomma, le declinazioni degli esercizi spirituali in cui si esprime l’attenzione a sé insita nel dialogo interiore, una forma di vigilanza secondo gli stoici che ci permette di essere sempre in ascolto di noi stessi e di approfondire la nostra conoscenza. Se ci conosciamo, possiamo scolpire la nostra statua. Come ci ricorda Plotino, questa è già contenuta nel marmo; basta lavorare di scalpello e, un modo a portata di mano per togliere il superfluo, è proprio il dialogo interiore.